La
scienza diventa follia tra premi Nobel e... cadaveri riesumati
MAURIZIO
SCHOEPFLIN
Avete presente la figura dello scienziato pazzo, quello con i capelli arruffati e gli occhi sbarrati, quello che si aggira nel suo laboratorio tra alambicchi fumanti e strani liquidi in ebolizione, quello che è alla ricerca della pietra filosofale che trasformerà tutto in oro o che sta mettendo insieme i pezzi di un improbabile mostruoso personaggio che terrorizzerà mezzo mondo? Quella figura è esistita ed esiste davvero. Non è soltanto frutto della fantasia di romanzieri e cineasti alla ricerca di emozioni forti, ma una vera e propria costante della storia della scienza, come ci ricorda il recente volume di Luigi Garlaschelli e Alessandra Carrer, Scienziati pazzi. Quando la ricerca sconfina nella follia (Carocci, pp. 184, euro 19,00).
Spesso
lo scienziato pazzo è molto intelligente e spesso incontra un
notevole successo. Si prenda, per esempio, Paolo Gorini, pavese di
nascita e lodigiano di adozione, vissuto fra il 1813 e il 1881: alla
sua morte venne proclamata una giornata di lutto nazionale. Egli fu
un notissimo pietrificatore, tutto dedito alla scoperta di un metodo
per mantenere incorrotti i cadaveri, cosa che gli riuscì abbastanza
bene con la salma di Giuseppe Mazzini e con quella dello scrittore
milanese Giuseppe Rovani. Di lui si sa che possedeva un tavolino le
cui quattro gambe erano arti umani e che amava ricevere gli ospiti
facendoli accogliere da un cadavere, ovviamente pietrificato, che,
mediante un complicato sistema di corde, si avvicinava alla porta
all'arrivo dei malcapitati visitatori. A Robert Cornish (1903-1963),
laureato all'Università della California a Soli 18 anni, inventore
degli occhiali per leggere sott'acqua, non interessava pietrificare i
morti. Lui li voleva proprio resuscitare. A tale scopo, mise a punto
una specie di altalena, ove appoggiava i cadaveri per poi farli
oscillare, nella convinzione che tale movimento potesse riattivare la
circolazione del sangue e riportare in vita i trapassati. Fece
qualche esperimento con le salme di condannati a morte; poi con
alcuni cani che egli stesso aveva provveduto a uccidere: tutto finì
in un fiasco clamoroso. Non ancora contento, Cornish provô a
raggiungere il riSultato tanto agognato tramite una macchina simile a
un aspirapolvere. Morì di infarto qualche anno più tardi, dopo che
si era messo a vendere un dentifricio in polvere di sua invenzione. E
che dire di Kary Mullis, lo statunitense premio Nobel per la chimica
del 1993? Inseguendo un modello sempre più trasgressivo e
antiaccademico di ricercatore, egli ha negato il rapporto tra virus
HIV e AIDS, ha sintetizzato e consumato anfetamine allucinogene, ha
fatto largo uso di LSD e, come racconta nella sua autobiografia, una
notte del 1985, presso una casetta di sua proprietà situata nei
boschi della California, ebbe un colloquio con una creatura non umana
che aveva le sembianze di un procione verde luminescente, Mullis
dichiarò di non essere sicuro che si trattasse di una creatura
extraterrestre. Quelli citati sono soltanto alcuni dei casi di cui si
occupano Garlaschelli e Carrer, i quali mostrano con chiarezza come
il binomio scienza e pazzia abbia riguardato i più diversi ambiti
della vita: dall'alimentazione (molto interessante è quanto scrivono
su John Kellog, famoso per i suoi cereali e i suoi ... clisteri) alla
salute (provate a leggere il paragrafo dedicato a Edward Bach e ai
suoi celebri fiori), dalla guerra allo spiritismo.